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Tutti possono installare un impianto di videosorveglianza. Tuttavia, le aziende con almeno un dipendente sono soggette al rispetto di diverse indicazioni. In particolare, requisito necessario è quello di munirsi di un’autorizzazione rilasciata dalla Direzione Territoriale del Lavoro, da richiedere tramite un’apposita istanza.
La norma che regolamenta i sistemi di videosorveglianza è la CEI EN 62676-4, “Sistemi di Videosorveglianza per applicazioni di sicurezza”, pubblicata nel 2018. La norma delinea i requisiti necessari per la progettazione, l’installazione, la messa in servizio e la manutenzione dei sistemi di videosorveglianza.
Definisce inoltre i tre elementi fondamentali che costituiscono un impianto VSS, ossia ambiente video (acquisizione, trasmissione e trattamento dell’immagine), gestione del sistema (gestione dei dati e interfacciamento con altri sistemi) e la sicurezza del sistema (integrità del sistema e dei dati).
Per ottenere l’autorizzazione è necessario rivolgersi alla Direzione Territoriale del Lavoro competente per il territorio dove ha sede l’attività. Al fine di ottenere l’autorizzazione, sono necessarie due marche da bollo, una da applicare all’istanza sottoposta alla Direzione Territoriale del Lavoro, l’altra da applicare direttamente all’autorizzazione.
Nell’istanza di richiesta di autorizzazione all’installazione di un impianto di videosorveglianza sottoposto alla Direzione Territoriale del Lavoro, l’azienda deve allegare una documentazione necessaria al corretto svolgimento delle valutazioni.
Allegati necessari sono ad esempio la relazione tecnica e la planimetria della struttura.
Similmente ad ogni altro impianto elettrico, anche l’impianto di videosorveglianza necessita di una certificazione, detta “dichiarazione di conformità”. Questo documento viene rilasciato dall’installatore al termine dei lavori.
L’installazione di telecamere di videosorveglianza sul luogo di lavoro può avvenire soltanto previa autorizzazione rilasciata dalla Direzione Provinciale del Lavoro o dalle organizzazioni sindacali (se presenti)
Inoltre, deve essere resa ben visibile l’informativa contenente le finalità, il nome del titolare del trattamento e l’indicazione che specifica se le immagini vengono registrate o solo visualizzate.
L’autorizzazione per l’installazione di telecamere di videosorveglianza viene rilasciata dalla Direzione Provinciale del Lavoro.
Il cartello di videosorveglianza è obbligatorio nei luoghi in cui siano presenti telecamere di videosorveglianza.
Secondo quanto stabilito dalla legge, il materiale di registrazione può essere visionato soltanto dal personale autorizzato, nominato dal titolare del trattamento e istruito con almeno un anno di formazione.
Lo Statuto dei Lavoratori stabilisce che non è possibile installare le telecamere in luoghi che potrebbero ledere la dignità della persona. Tra questi rientrerebbero ad esempio bagni o spogliatoi. In aggiunta a ciò, non è possibile installare le telecamere al fine di controllare la prestazione lavorativa dei dipendenti. Rientra in questa fattispecie la possibilità di monitorare la permanenza dei dipendenti di fronte alle macchine del caffè o nelle aree fumatori.
Le immagini registrate non possono essere conservate più a lungo di quanto necessario per le finalità per le quali sono acquisite (art. 5, paragrafo 1, lett. c) ed e), del Regolamento). In base al principio di responsabilizzazione (art. 5, paragrafo 2, del Regolamento), spetta al titolare del trattamento individuare i tempi di conservazione delle immagini, tenuto conto del contesto e delle finalità del trattamento, nonché del rischio per i diritti e le libertà delle persone fisiche. Ciò salvo che specifiche norme di legge non prevedano espressamente determinati tempi di conservazione dei dati (si veda, ad esempio, l’art. 6, co. 8, del D.L. 23/02/2009, n. 11, ai sensi del quale, nell’ambito dell’utilizzo da parte dei Comuni di sistemi di videosorveglianza in luoghi pubblici o aperti al pubblico per la tutela della sicurezza urbana, “la conservazione dei dati, delle informazioni e delle immagini raccolte mediante l’uso di sistemi di videosorveglianza è limitata ai sette giorni successivi alla rilevazione, fatte salve speciali esigenze di ulteriore conservazione”).
In via generale, gli scopi legittimi della videosorveglianza sono spesso la sicurezza e la protezione del patrimonio. Solitamente è possibile individuare eventuali danni entro uno o due giorni. Tenendo conto dei principi di minimizzazione dei dati e limitazione della conservazione, i dati personali dovrebbero essere – nella maggior parte dei casi (ad esempio se la videosorveglianza serve a rilevare atti vandalici) – cancellati dopo pochi giorni, preferibilmente tramite meccanismi automatici. Quanto più prolungato è il periodo di conservazione previsto (soprattutto se superiore a 72 ore), tanto più argomentata deve essere l’analisi riferita alla legittimità dello scopo e alla necessità della conservazione.
Ad esempio, normalmente il titolare di un piccolo esercizio commerciale si accorgerebbe di eventuali atti vandalici il giorno stesso in cui si verificassero. Un periodo di conservazione di 24 ore è quindi sufficiente. La chiusura nei fine settimana o in periodi festivi più lunghi potrebbe tuttavia giustificare un periodo di conservazione più prolungato